Ciao a tutti,
non so se questo è il posto giusto dove inserire il mio pensiero, ma incuriosito dal clamore che ha destato la notizia della sorella che, pur essendo compatibile al 100%, si è rifiutata di donare il proprio midollo per salvare quella malata di leucemia, mi sono posto un sacco di domande.
Premetto che ho anche io la “bastarda” come spesso viene chiamata nel sito (a me questo termine non piace, scusatemi…) e che da circa 3 anni ho eseguito l’autotrapianto di cellule staminali. Il mio percorso è stato davvero molto molto duro, ma oggi sono qui a raccontarlo e questo mi basta. All’inizio della mia malattia si era prospettata l’ipotesi di un trapianto da donatore, così sono stati effettuati i test di compatibilità ai miei fratelli, ma nessuno di loro è risultato compatibile con me. Anche i miei genitori si sarebbero volentieri sottoposti ad espianto, ma visto che ero in remissione completa, i medici hanno optato per l’autotrapianto. Così, non avendo avuto successo il ciclo di chemio per la raccolta dal sangue periferico, ho subito un piccolo intervento chirurgico per l’espianto dalle creste iliache.
Tutti gli “smidollati” sono stati sottoposti a aspirati midollari e sanno che, pur sembrando una tecnica molto invasiva, nella realtà è poco più di un’intramuscolo. L’unico dolore che si sente è quello dell’anestesia, dopodichè c’è solo il fastidio di dover entrare nell’osso e prelevare il modollo, che per carità, non è uno scherzo ma è del tutto sopportabile. L’espianto dalle creste iliache è stato come sottoporsi ad un centinaio di aspirati midollari tutti nello stesso giorno, ma sebbene fossi appena uscito da quattro estenuanti cicli di chemioterapia, mi sono ripreso con una fretta incredibile. Ho dovuto eseguire 3 trasfusioni di emazie ed ho trasfuso qualche sacchetta di piastrine, ma al secondo giorno dopo l’intervento sono tornato a casa ed a parte un po’ di dolore in loco, non ho avuto nessun altro fastidio.
Dico questo perchè i “sani” non sanno a cosa vanno incontro. Loro non sanno neppure che le trasfusioni per loro non sono niente altro che trasfondere il proprio sangue prelevato come per una donazione (ne fanno in media 2) qualche giorno prima dell’intervento.
CON QUESTO VOGLIO DIRE CHE SE NON C’è STATO PERICOLO PER ME, NON C’è PERICOLO NEPPURE PER IL DONATORE, TANTO PIù CHE SEMPRE PIù SPESSO SI DONANO CELLULE STAMINALI ATTRAVERSO L’AFERESI.
Però, nel caso di dover procedere ad espianto, ci sono per i donatori i comuni rischi legati ad un’anestesia generale che sapranno spiegare ed illustrare i medici ben meglio di me.
All’inizio del mio ricovero coincidente con l’autotrapianto, ero in una stanza da due e con me in stanza c’era un uomo sulla cinquantina al quale avevano effettuato l’espianto per donare il midollo alla sorella malata. Reagì bene all’intervento anche se subentrò un po’ di febbre che lo costrinse a rimanere una notte in più in ospedale. Parlammo molto in quei due giorni: lui era davvero colpito da come tutti noi pazienti ematologici fossimo pazienti nel vero senso della parola. Mi raccontò che era rimasto basito dal colloquio avuto con l’aiuto primario del reparto che proprio il giorno prima dell’intervento l’aveva chiamato per chiedergli se fosse ancora convinto di voler donare e gli disse che era ancora in tempo per tirarsi indietro. Lui non poteva pensarci, mi raccontò di aver risposto male al medico e di avergli detto che in gioco c’era la vita della sorella ed il futuro dei suoi nipoti e che niente al mondo l’avrebbe fatto tirare indietro. E non era una questione di etica ma di affetto, profondo.
HO RACCONTATO QUESTO PER DIRE CHE ACCADE PIù SPESSO DI QUANTO SI IMMAGINI CHE FRATELLI NON SE LA SENTANO DI DONARE: NON SIAMO MICA TUTTI UGUALI…
Ed ora giungo alle mie considerazioni: mentre aspettavo che arrivassero i risultati dei test di compatibilità, parlando con il maggiore dei miei fratelli, gli dissi che se fosse stato compatibile con me non si sarebbe dovuto sentire costretto a donare. All’occorrenza avrebbero cercato qualcuno nella banca mondiale che avesse scelto di donare per solidarietà, generosità, altruismo, bontà e chi più ne ha più ne metta, ma certamente non per costrizione! Ovviamente lui mi disse di non pensarci neppure e che per lui sarebbe stato un onore donare per me, ma io mi sentivo che potenzialmente lo stavo ponendo di fronte ad una strada obbligata e non di fronte ad un bivio.
Quanto è giusto, per salvare la propria vita, pretendere dagli altri che facciano cose che non si sentono?
Non avete mai notato quanto i malati diventino egoisti pur di incollarsi alla vita e non lasciarla andare? E che poi ci siano mogli, madri, sorelle e fratelli che interrompano tutta la propria vita per seguirli… a loro a volte poco gliene importa: sembra che sia davvero tutto dovuto!
E vi dico tutto perchè nei miei cinque lunghissimi ricoveri e nei mesi di day-hospital che piano piano si sono trasformati in anni e che ancora non sono finiti, ne ho vista di gente così!
Come ho visto persone umilissime, che, attaccate ugualmente alla vita, cercavano il più possibile di cavarsela da soli senza pretendere un trattamento privilegiato solo perchè malati.
Ora quello che vorrei esprimere e che spero si capisca, perchè non vorrei essere frainteso, è che non è giusto, secondo me, alzare un polverone mediatico su una sorella che non se l’è sentita. Primo perchè mentre quella malata ha detto tutte le sue ragioni, quella sana non ha potuto spiegare nulla delle motivazioni che stanno dietro la sua scelta. Una scelta coraggiosa quanto quella di donare. Perchè nel secondo caso la guarigione del proprio congiunto potrebbe diventare un “merito”, nel primo diventa senz’altro una “colpa” se la sorella non dovesse farcela. Una colpa da vivere nella propria intimità, perchè la scelta è personale. Una colpa che accompagnerebbe quella donna per tutta la vita. Una colpa che con tutta questa pubblicità rischia di trasformarsi in un’onta. E questo, permettetemi, non lo ritengo affatto giusto… Perdonatemi, se con questo mio pensiero vi offendo…
Ma poi qui si tratta di due sorelle che negli ultimi anni, a quanto ho capito, hanno vissuto lontane. Non sappiamo e neppure immaginiamo cosa ci sia dietro i rapporti fraterni… I fratelli ci sono “capitati”, gli amici ce li siamo “scelti” e spesso un amico è molto meglio di un fratello: ci sta più vicino, ci conosce meglio, è più disposto ad aiutarci… e magari se le due donne fossero state amiche, chissà… forse lo avrebbe donato ‘sto midollo! Lo so che è una cruda realtà, ma è la realtà che non ci può essere edulcorata solo perchè siamo malati. Eventuali incomprensioni, malintesi, non possono essere superati solo per questo!
Vi chiedo davvero di non giudicarmi male per questo mio pensiero ma mi sentivo di dover spezzare una lancia a favore di una persona alla quale non è stato dato modo di replicare…

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