Un sorriso strappato, un sorriso timido e sofferente che ha dato un senso alla mia giornata, un sorriso che ha un nome.

Andrea (è un nome inventato per motivi di privacy) ha 6 anni e apparentemente è un bambino come tanti. Capelli chiari, occhi castani e un visino che parla da solo. Andrea è un bambino ricoverato nel reparto di oncologia pediatrica che ho avuto la FORTUNA di conoscere. L’ho visto per la prima volta nel corridoio in piedi sull’asta portaflebo. E’ bastato qualche minuto per decidere cosa fare, solo il tempo di prendere un puzzle dalla ludoteca e metterci a giocare sul tavolo di una cucina di un reparto oncologico (che devo dire non ha nulla da invidiare a quella di una casa). Andrea tira fuori dalla scatola i pezzi e mi stupisco per la rapidità e l’intuizione che ha nel trovare quelli giusti. Pezzo dopo pezzo cominciamo a parlare, io gli chiedo qual è il suo cartone preferito, se gli piace il puzzle che stiamo facendo e senza accorgercene lo completiamo. Lui accenna un sorrisino, quasi soddisfatto per quella piccola “conquista” di averlo finito da solo. Una volta completato gli propongo di fare un disegno o di colorare, ma lui mi guarda dispiaciuto e non parla. Ho capito che c’era qualcosa che lo preoccupava e infatti poco dopo mi ha detto: “ io sono mancino, non posso disegnare”. Mi sono soffermata qualche secondo a guardare il suo braccio sinistro, quella legato all’asta con la sacca di sangue e la sua mano, piccola e pallida, con un ago nella vena del polso e ho capito perché non poteva disegnare. Per un attimo mi sono sentita in colpa e senza una parola giusta da poter dire. Allora gli ho detto che non era un problema, che potevamo colorare lo stesso, perché anche io questa mattina ho avuto come lui un ago nel polso destro e ora non potevo disegnare; gli ho detto che avrei disegnato io con la sinistra e lui con la destra, una gara a fare il disegno più storto! Ed è venuto fuori un bellissimo disegno di Pippo! Andrea ha cominciato a parlare e ridere. Mi ha chiesto di disegnare la mia mano e la sua su un foglio, arancione e verde come i colori dei pigiami, poi le ha guardate e mi ha detto: “ Manca qualcosa”. Ha preso i colori a cera dal tavolo, il blu e il rosso, e ha disegnato le vene su quelle mani, rosse le sue e blu le mie. Gli ho chiesto perché quei colori diversi e mi ha risposto: “ Oggi ho la pressione alta, perciò nel mio tubicino c’è sangue rosso e sta scendendo nella mia mano, le tue invece sono blu”. Continuava a ripetere “che schifo”, una parola che mi ha colpito, perché di solito i bambini dicono “mi fa male” o “ho paura“, Andrea invece con quelle due parole esprimeva tutto il suo dolore e la sua “diversità”. Allora gli ho coperto il polso e il tubicino in cui c’era l’ago, ho disegnato le vene rosse anche nella mia mano e ho cercato di spiegargli che nel mio braccio c’era il sangue. Mi ha guardato, mi ha sorriso e mi ha detto: “Davvero? Allora siamo uguali, dammi il 5”. E’ inutile dire quanto quella frase mi abbia riempito di gioia, perché il suo sorriso ha parlato da solo. Ed è quello che ha riempito la mia giornata. Andrea era un fiume di parole, mi diceva tante piccole frasi piene di significato, mi faceva tante domande. L’ho portato a fare il giro del corridoio. Gli piace starsene sulle ruote dell’astagirevole mentre qualcuno lo spinge! Poi abbiamo preparato il caffè insieme: lui prendeva i bicchieri e io li riempivo; mi ha dato un vassoio e mi ha detto di metterli lì e li abbiamo portati agli infermieri, alle mamme e ai volontari del reparto (il caffè è venuto na schifezza! Mi scuso per questo avvelenamento involontario :D)

Prima di cena sono passata nella sua stanza a salutarlo. Era come se avessi bisogno di ricaricarmi con il suo sorriso, vederlo ancora una volta per ricordarmi di quanto fosse puro eppure pieno di sofferenza. I genitori mi hanno ringraziato, ma sono io a dover ringraziare il piccolo Andrea. Le parole da solo non bastano, sono superflue per descrivere tutto questo. E mi chiedo perché a 6 anni un bambino non può vivere come gli altri la normalità della scuola, dei giochi e della sua casa, ma deve crescere così in fretta? Perché a 6 anni deve già chiedersi perché a lui e sapere come un adulto il significato di “pressione alta”, “vene” , “trasfusioni”? Perché la gente fuori si lamenta ancora per un prelievo o perché magari lo sciroppo è troppo amaro e non sa di fragola o perché il fidanzato l’ha chiamata solo 9 volte invece di 10?

Io non voglio fare del falso buonismo o moralismo gratuito, perché non sono migliore di nessuno. E’ l’indifferenza che mi ferisce. Perché le paure le capisco, sono umana e ho paura anche io, ogni giorno. Ma credo davvero che a volte la paura derivi dal non sapere o da avere conoscenze sbagliate. Ed è per questo che vorrei soltanto che la gente si informasse.

Siamo nell’era di facebook dove le notizie si diffondono in tutto il mondo, girano video per mesi, arrivano a tutti messaggi del “ mi piace la borsa”. Allora perché non possono arrivare a tutti anche le mie parole? Sono prive di presunzione o di qualsiasi intento negativo. So bene di essere polemica, forse pesante o patetica, ma certe cose sono più forti di me e non posso non dirle. Io vorrei dire soltanto che basterebbero due ore con uno dei tanti Andrea ricoverati nei reparti di oncoematologia pediatrica per capire e apprezzare le piccole opportunità della vita, per essere contenti di avere due braccia che funzionano, dei polmoni per respirare e un cuore che batte ancora. Perché in questi reparti la chemioterapia non uccide solo le cellule tumorali o fa cadere solo i capelli. La cosa più grave è che spegne i sorrisi, ti toglie la gioia di vivere ogni attimo, ti spegne tutti i sentimenti. Per questo basterebbe  poco per capire che se possiamo restituire la vita ad un bambino con un gesto più impegnativo a dirsi che doloroso a farsi, qual è una banale donazione di sangue o il trapianto di midollo osseo, è perché noi siamo VIVI e soprattutto in SALUTE. Se possiamo donare qualcosa di “nostro” è perché abbiamo la fortuna di averlo, mentre chi aspetta no. Perché non basta “pulirsi la coscienza” condividendo un link su facebook a favore dei bambini malati o dicendo “che peccato, quanto mi dispiace”. Con il trapianto nessuno metterà “mi piace” sotto il link o verrà a dirti “bravo, hai fatto un bel gesto”. Niente perbenismi, niente parole inutili, solo fatti  concreti per i tanti piccoli Andrea che ancora aspettano e che possono sperare solo nel presente, perché il futuro è troppo provvisorio e spaventa. Ma penso che sia una delle più grandi soddisfazioni sapere che c’è qualcuno dall’altra parte del mondo o a 100 metri da casa nostra che può vivere SOLO grazie a noi, che potremmo essere davvero il suo “eroe” anonimo e avergli restituito una vita e un futuro. La donazione di midollo osseo è diversa, perché quella degli organi è purtroppo la conseguenza di una morte, quella di midollo è il miracolo della vita che si compie due volte. Nessuno muore, due persone ritornano a vivere, il ricevente nel corpo e il donatore nell’anima. Per non parlare dell’abitudine di diventare donatori di sangue periodici. Basterebbe ricordarsi più spesso, precisamente 2 volte l’anno per le donne e 3 per gli uomini, che occorrono SOLO 6-7 minuti (il tempo di un caffè al bar, di una chiacchierata al telefono con un’amica, della cottura di un piatto di pasta) per contribuire a salvare la vita concretamente la vita di qualcuno. Pensiamo che la gente soffre e questo ci basta per farci dormire tranquilli, ma non pensiamo che per loro possiamo fare più di quanto non si immagini. Se donare qualcosa ad un familiare è un gesto dovuto, donarlo ad un perfetto sconosciuto penso che sia prima un dovere civico e morale, poi un puro atto d’amore.

Non ho bisogno dei” mi piace” sotto questa nota, anzi  non li voglio se poi le mie resteranno solo insignificanti macchie nere. Non devo piacere a tutti, né lo voglio….c’è ancora la libertà di parola e prima che sia troppo tardi, ne approfitto per utilizzarla!

Mi basterebbe sapere che ognuno condivida prima con se stesso, poi anche sulla propria bacheca.

Ero indecisa se pubblicarla o no, poi ho capito di aver avuto la “fortuna” di vivere questo tipo di reparto e questa realtà che sono troppo dolorose e vere per restare nascoste. Penso che sia doveroso da parte mia testimoniare e far sapere agli altri osa succede e soprattutto NOI cosa possiamo fare per limitare le sofferenze. Io sono qui per questo.

Chiedete e vi sarà dato 🙂

E il mio speciale ringraziamento va ad Emanuele per quei “fatti, non solo parole”.

Maria


13 commenti

  1. Ciao Maria, il tuo messaggio è forte e chiaro. L’aiuto concreto per chi necessita di un grande sostegno, di chi ha bisogno di essere salvato da uno sconosciuto con una semplice donazione, mi auguro che possa arrivare a tante persone.
    Quel trespolo lo conosco molto bene, si rimane attaccati a quel cose per tutto il periodo del ricovero, e anche io come Andrea, quando avevo l’ago nel braccio destro ho dovuto imparare a fare tante cose con la mano sinitra, specialmente mangiare…
    Sono vicina a tutti i piccoli Andrea, e a te Maria, che hai deciso di percorre un percosro di volontariato non facile ti auguro tanta forza!!

  2. Ciao ,
    volevo solo ringraziarti per quello che hai scritto ma sopratutto per quello che fai …….
    credo tu abbia già detto tutto ……. qua non c’è il tasto “mi piace ” o “condividi” ..ma c’è quello più importante, quello che su facebook non troverai mai ….
    c’è il tasto con la scritta “GRAZIE!!”

  3. Nulla da eccepire su tutto quanto da te detto, la tue esperienze personali messe nero su bianco ci arricchiscono ulteriormente.
    Ad ogni modo sembrerebbe che al momento ci sia un timido aumento dei donatori/donatrici di sangue rispetto agli ultimi anni, forse grazie a Dio ci stiamo interessando un po’ meno a noi considerando in modo più umano le sofferenze e i limiti altrui dando un aiuto concreto.

  4. Innanzitutto grazie a Stella per aver “pubblicato” i miei pensieri.
    Mi auguro davvero che in tanti possano leggerli e soprattutto avvicinarsi a questo mondo delle donazioni.
    ” Un passo alla volta mi basta” – diceva Gandhi- ed è quello che io farò instancabilmente ogni giorno.
    Non aggiungo altre parole superflue.
    Buon lavoro a voi dell’ Arcobaleno della Speranza 🙂

  5. condivido in pieno le tue parole…. mio marito e’ guarito grazie a un donatore tedesco….che nemmeno conosceremo!solo ilnostro pensiero lo accompagnera’ tutta la vita!!!di avere fatto un azione bellissima.. ….noi ci siamo fatto un identikit1biondo-giovane-e con tante cellule da donare!
    non ti sto’ a raccontare la mia vita..ho perso anche mia figlia….in questo ultimo anno il figlio di un amico di mia figlia..vive piu’ in ospedale che a casa
    Ma ti assicuro che ha una forza di volonta’..sopra alla norma!entrare in quei reparti e vedere tante faccine pallide..ti stringe il cuore!
    ma dobbiamo imparare anche da loro!
    un abbraccio
    sto’ pensando anch’io di andare a fare volontariato…mia figlia gia lo fa’!al san carlo di milano!!!!!

  6. Ciao Maria,
    mi è piaciuto molto quello che hai scritto e mi ha molto emozionato perchè la vita di reparto l’ho vissuta anch’io da parente.
    Detto questo volevo aggiungere che sono d’accordissimo con te sul fatto che l’indifferenza regna sovrana nel nostro paese ma io mi sono dovuta battere contro la burocrazia per poter riuscire a far qualcosa e anche questo non va bene. Due mesi fa, dopo aver ricevuto un veloce “ci rivediamo l’anno prossimo per ora siamo al completo” dall’ospedale di Padova, essendomi trasferita a Torino ho cercato conforto al Regina Margherita. Sono entrata nell’ufficio volontari ma mi ha sorpreso una notizia “non se ne parla per almeno un anno, forse due perchè noi facciamo la formazione una volta l’anno. ti mettiamo in lista d’attesa”. Ma io mi ricordo le giornate passate in reparto. so che durante la settimana non ci sono molti volontari. io sono una studentessa universitaria, potrei dare il mio contributo andando anche nei lunedì martedì più tristi e non solo nel fine settimana. sono davvero amareggiata perchè allora siamo noi tutti indifferenti o è difficile anche far qualcosa? ci son davvero così tanti volontari che non è possibile entrare in nessun reparto di oncoematologia pediatrica per far volontariato?

  7. ciao maria mi chiamo chiara studio medicina e vivo da 6.7 anni la realtà delle trasfusioni di sangue …io le chiamo come le batterie che mi servono da ricaricare….2 volte al mese vado in ospedale al mattino…sto lì per tre orette circa dipende dlle sacche che devo fare e mi “ricarico”…penso che in questo paese ci dovrebbero essere più persone che facciano queste riflessioni…non parlo per me perchè penso che io forse sia la più fortuna anche se molto spesso la voglia di non andare avanti prende il sopravvento ma di tutti i bambini o le persone che necessitano anche più volte al mese di trasfusioni o di donazioni al midollo osseo…per questo più spesso dirò di donare…è fondamentale!!!rispondendo al commento di angela..io sono volontaria nel reparto di pediatria da orami 5 anni lo faccio quando ho dei momenti liberi-anche se nell’ultimo tempo solo il weekend-e da me siamo abbastanza non tanti però ci serverebbe una mano…non so io pensavo che il problema fosse all’incontro…dovresti magari andare li in reparto e chiedere…con questo chiudo un bacio

  8. Sono andata in entrambi i reparti.. a Padova e a Torino, in uno la risposta è stata quasi più veloce della domanda nell’altro mi hanno indorato la pillola ma alla fine il succo rimaneva lo stesso “per ora non abbiamo bisogno, ritenti, sarà più fortunato…”….
    non sai quanto mi ha fatto star male questa cosa, io volevo tornare in reparto perchè lì ho perso purtroppo una parte della mia vita, volevo aiutare qualcun altro visto che il mio angelo non lo potevo aiutare più…
    Per questo chiedo se c’è bisogno solo di buona volontà o se bisogna insistere ed insistere più volte per una cosa che dovrebbe essere quasi immediata……
    e poi ci si lamenta perchè c’è menefreghismo. mah

  9. mi disp molto perchè ti capisco benissimo perchè oltre a me in famiglia abbiamo avuti diveri casi inltre il mioangelo custode mi ha lasciato per una trasformazione rapida della mia stessa malattia in leucemia fulminante…concordo appieno…guarda io penso che nel volontariato non si può dire siamo pieni perchè stiamo parlando di volontariato e c’è sempre bisogno di una mano …hai provato in un semplice reparto di oncologia??notte bacio

  10. concordo appieno. non ci si rende conto di quanto sia importante un piccolo gesto come la donazione del proprio sangue quando si e’ sani e presi dalla propria quotidianita’, figuriamoci per la donazione di midollo ancora poco conosciuta da molti. Mi sono reso conto pur essendo stato donatore volontario avis per diversi anni di come certi piccoli gesti possano essere preziosi quando io stesso ricoverato spesso in ematologia ho assistito a ritardi nell’arrivo di sacche di sangue per probabili carenze o ritardi dalla banca del sangue.. E’ sufficente a volte una emergenza in piu’ per fare ritardare ore o mezze giornate le trasfusioni a un paziente, costringendolo a ulteriore sacrificio e sofferenza.
    Dovremmo insistere tutti nel coinvolgere parenti ed amici ad un’azione nobile come quella della donazione. Tutto sta ad iniziare, poi diventa automatico come fare la raccolta differenziata che ogni giorno facciamo con i rifiuti. Notte a tutti.

  11. Ciao, sono Valentina ricercando su internet possibili strutture per inserirmi come volontaria nei reparti di ematologia infantile dopo essere rimasta un Po delusa dall’ABIO che richiede corsi di formazione in orari nn compatibili al mio lavoro( faccio la parrucchiera in proprio) sono finalmente capitata sul tuo racconto, sulla descrizione reale di una realtà struggente ma che vissuta con maturità dolcezza e sensibilità dona più a noi volontari che ai bambini stessi… Dopo l’incontro di due persone speciali sento sempre più la necessita’ di fare qualcosa per questi piccoli grandi eroi… Spero che la cosa sia fattibile darei disponibilità lunedì dal pomeriggio alla sera… Attendo una tua risposta…. Grazie

  12. ciao valentina,anche mia figlia e’ volontaria ABIO ha fatto i corsi e tutto l’iter che hanno ritenuto necessario per la formazione ,lei chiaramente l’ha potuto fare perche’ non impegnata come te.
    il suo lavoro lo svolge al san carlo di milano in pediatria
    comunque e’ molto sodisfatta
    spero tu possa trovare una strada

  13. Ciao sono Matteo, vorrei partecipare in maniera continuativa ad una attività di volontariato per i bambini all’interno dei reparti di oncologia pediatrica.
    Spero che qualcuno voglia aiutarmi ad ottenere informazioni.
    Grazie e saluti
    Matteo

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