L’Arcobaleno della Speranza ha contribuito alla stampa del poster  relativo al seguete argomento:

La relazione di aiuto al paziente sottoposto a trapianto di CSE ( Cellule Staminali Emopoietiche)

Il rapporto tra infermiere e paziente ematologico si esprime nella sua più alta forma di cura e rispetto della persona, attraverso la presa in carico della complessità delle cure e del coinvolgimento emotivo che lega curanti
pazienti e care-giver.
Il concetto del prendersi cura implica una visione olistica di tutti i bisogni del paziente ematologico, che vanno dalla soddisfazione di quelli più manifesti alla scoperta di quelli più inconsci, che appartengono alla sfera psico-emotiva-
relazionale.
Si è voluto quindi eseguire un’indagine conoscitiva tra i pazienti del day-hospital per valutare quali approcci umani migliori siano stati da essi percepiti durante l’erogazione delle cure infermieristiche in day-hospital.”

Veronica Molinari

Coordinatore Infermieristico Attività Cliniche Area Ematologica Policlinico Tor Vergata-Roma

Background

Il paziente sottoposto a trapianto di cse sostiene lunghe ospedalizzazioni a causa della complessità e severità dei protocolli di terapia chemioterapica e dello stato di immunodepressione.

Superata la fase clinica il paziente percorre il follow-up in day-hospital in una ulteriore fase estremamente delicata dal punto di vista fisico e psicologico con notevoli ripercussioni sulla vita sociale, affettiva, professionale-lavorativa, con problematiche inerenti la propria sfera sessuale e quelle relative alla propria sfera spirituale.

Il  concetto di assistenza infermieristica racchiude in sé il “curare e prendersi cura della persona, nel rispetto della vita, della salute, della libertà e della dignità dell’individuo”, quindi è indispensabile assicurare una relazione di aiuto nella quale si offre al paziente, ma anche alla sua famiglia e/o care giver, un’educazione sanitaria per la promozione della salute e della sua qualità di vita.

La relazione di aiuto infermiere-paziente consiste nel sostenere la sofferenza psico-fisica causata dagli effetti collaterali, dai cambiamenti corporei con la perdita dei capelli, la trasformazione fisica con gonfiore del viso e crescita di peli, mucosite,  stress ansia e paura della morte.

L’infermiere inoltre ha un ruolo importante nel fornire al paziente e familiari le precauzioni da osservare circa il trapianto: visite limitate, alimentazione con cibi sterilizzati, uso di materiale sterile, la necessità di assumere la terapia, l’esigenza di follow-up prolungato nel tempo per il monitoraggio di segni e sintomi e della terapia immunosoppressiva.

Con il presente abstract si propone un’indagine osservazionale sui bisogni di rassicurazione e comfort indagati in un campione di pazienti trapiantati durante il percorso di cura in day-hospital, mettendo in risalto l’importanza dell’infermiere nell’educazione terapeutica, nel counselling, e nella relazione di aiuto, fiducia e sostegno.

Scopo dello studio

Il nuovo stile di vita a cui devono adattarsi paziente e familiari comporta limitazioni nelle abitudini e pratiche quotidiane, i frequenti monitoraggi clinici e controlli ambulatoriali, le attese ed ansie per le risposte degli esami.

Un possibile rischio di coping inefficace del paziente può presentarsi in seguito alla parziale perdita di controllo sugli eventi della vita, ad un cambiamento dell’aspetto corporeo, alla paura di soffrire e alla paura di non sapere a cosa si andrà incontro ed i familiari possono essere coinvolti per la paura dell’evoluzione della malattia, per la rabbia di vedere soffrire il proprio caro, per la frustrazione di non potere fare nulla.

L’indagine ha l’obiettivo di indagare nella sfera psico-emotiva-relazionale, evidenziando le aspettative ed i bisogni del paziente e dei suoi familiari in merito alle maggiori necessità di aiuto e sostegno, all’approccio umano, alla relazione di aiuto percepita dagli infermieri.

Attraverso l’analisi dei risultati si evidenziano le competenze relazionali dell’infermiere più efficaci nella gestione dei bisogni di rassicurazione e comfort del paziente trapiantato.

Materiali e metodi

La  ricerca è stata svolta nell’unità operativa di Day Hospital oncoematologico, nell’ Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Tor Vergata e nell’unità operativa di Day Hospital oncoematologico, nell’Azienda Ospedaliera Universitaria S. Giovanni Addolorata.

Il campione oggetto di indagine è costituito da 30 pazienti ricoverati e in regime di day hospital, appartenenti sia al sesso maschile che femminile, compresi in un’età tra i 40 e 70 anni, tutti sottoposti a trapianto di midollo osseo ed intervistati con modalità di dialogo frontale con l’intervistato.

La raccolta dati è stata effettuata attraverso una intervista strutturata, tramite l’utilizzo di un questionario costituito da domande  a risposte chiuse ed aperte.

Risultati

Gli esiti sono stati raggruppati nelle sensazioni e nelle proposte rispetto all’approccio assistenziale infermieristico e si evince che la maggior parte degli infermieri sono stati in grado di rispondere ai bisogni dei pazienti, mettendo in atto le proprie competenze tecniche e relazionali.

Alla prima domanda “Che tipo di rapporto ha instaurato con gli infermieri dell’unità operativa?”, emerge che il rapporto infermiere e paziente è basato sulla fiducia, elemento essenziale della relazione di aiuto.

Alla domanda “Quali sono gli aspetti che lei trova più problematici in questo momento delle sua vita?”, il paziente risponde che in un momento così difficile ha paura di “essere abbandonato”, di conseguenza ha il bisogno di “essere ascoltato e rassicurato”.

Alla domanda “Quali sono le caratteristiche a suo avviso più importanti, affinché un infermiere si possa definire un professionista in grado di supportare il paziente sia dal lato tecnico che dal lato psicologico?”, secondo il paziente la caratteristica più importante dell’infermiere è “l’umanità” e suggerisce un rapporto basato sulla fiducia. Inoltre i familiari ed i care givers suggeriscono “saper ascoltare”, qualità indispensabile nella relazione di aiuto.

Discussione dei risultati

Dall’analisi di questa piccola indagine scaturisce che uno dei bisogni predominanti della famiglia/care giver concerne la necessità di instaurare un rapporto di fiducia con l’infermiere basato sulla comunicazione terapeutica al fine di ridurre l’impatto psico-sociale del trapianto, l’ansia e la depressione del paziente.

Ne risulta che per erogare un buon piano di lavoro che possa essere centrato sul benessere del paziente, bisogna partire dai bisogni rilevati:

–                    IL BISOGNO DI NON ESSERE ABBANDONATO: non sentirsi isolato dagli altri; Non essere escluso dai progetti e dalle prese di decisione familiari; Continuare a mantenere il proprio ruolo nella famiglia e nel gruppo sociale;  Essere accettato come malato; Continuare ad essere visitato ed assistito dal medico e dell’infermiere, anche se la situazione sembra essersi stabilizzata;

–                    IL BISOGNO DI COMUNICAZIONE con i sanitari, i familiari, i care givers, le persone amiche;

–                    L’AUTO-CURA: diritto a realizzare il suo bene, mantenere o riprendere il controllo della sua vita prendere decisioni sulle terapie; stabilire degli obiettivi Paura di perdere l’autocontrollo; Scegliere l’ambiente di cura; Rifiuto o proposta di alcune terapie; Pensare ai familiari; Disporre sul piano economico/lavorativo.

–                    IL BISOGNO DI AUTOSTIMA E RISPETTO DELLA DIGNITÀ DEL PROPRIO CORPO, non perdere le funzioni del corpo; Sentirsi salvaguardato nel pudore; Mantenere il senso estetico; Essere apprezzato.

Gli atteggiamenti che vengono indicati come fondamentali per una corretta presenza di fronte al paziente, sono:

–                     Il rispetto:, rispettare la persona significa riconoscere la sua dignità, la sua intenzionalità, l’unicità della sua integrazione nel mondo, delle sue scelte di valori e del suo progetto di vita.

–                    L’accettazione: si configura nel riconoscere al malato la libertà di essere se stesso in un dialogo libero e liberante, non valutativo, non indagatore, non direttivo, ma comprensivo senza obbligo di costrutto né logico, né etico, né ideologico.

–                    L’ascolto: Attraverso la parola è possibile esprimere se stessi, aspetti della propria personalità e della propria interiorità, pensieri, affetti e talvolta favorisce la consapevolezza.

–                    L’empatia: l’empatia si identifica con la comprensione e la capacità di dimenticare se stessi per immergersi nel mondo interiore dell’altro e partecipare alle esperienze che egli ci comunica mettendoci al suo posto e vedendo le cose come le vede il paziente.

Appare quindi evidente come una comunicazione efficace ed efficiente assume un aspetto fondamentale nella relazione e nella presa in carico olistica del paziente, al fine di sviluppare il self-care e le risorse emozionali, cognitive e comportamentali

Conclusioni

Le abilità infermieristiche  che devono essere adottate per instaurare una relazione terapeutica che sia efficace sulla qualità di vita del paziente, sono:

–                    il prendersi cura della persona come l’aiuto totale offerto affinché la persona stessa possa esprimere i propri sentimenti, apprendere modelli di comportamento per affrontare i suoi problemi rafforzando così l’immagine del sé e l’autostima;

–                    il saper ascoltare, la capacità di prestare attenzione, l’osservare, la comprensione del messaggio ed il riformulare;

–                    il saper affrontare il silenzio, senza provare imbarazzo ed una adeguata formazione, silenzi che spesso esprimono sentimenti di paura, noia, rabbia, tristezza o imbarazzo;

–                    il saper informare, cioè avere chiari i bisogni di conoscenza espressi dal paziente, le risorse da attivare per risolverli

–                    il saper adottare un atteggiamento empatico, è un modo di essere, di comunicare, di ascoltare, di osservare

Attraverso la rilevazione diretta dei bisogni del paziente e l’aggiornamento in conoscenze ed evidenze scientifiche aggiornate l’infermiere di ematologia attraverso l’affinamento del suo know-how clinico, diviene così sempre più “prestatore d’intelligenza”, espressione di un professionista al servizio della salute, nel rispetto dell’originalità del paziente ematologico, quale persona unica ed irripetibile.

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