Non avrei mai pensato di resistere così a lungo, i medici dal loro punto di vista, mi avevano dato pochi mesi di vita.

Poi, per miracolo o per caso, questa bestia che mi è cresciuta dentro è tornata nella tana.

Fra applicazioni chemioterapiche, antiemetici, protettori gastrici, parrucche, pallore, lacrime e rabbia,  eccomi qua dopo battaglie estenuanti a godermi un altro tramonto.

Non mi ero mai soffermata sulle sfumature.

Vivevo guardando il globale, non mi interessavano i dettagli.

Mi sentivo bene, ogni tanto qualche malessere, ma davo la colpa allo stress ed alla stanchezza, senza pensare a nulla di grave, ma la bestia famelica mi aspettava al varco.

Sotto la doccia mentre mi godevo un po’ di relax dopo l’ennesima giornata in ufficio, nel toccarmi il seno percepii qualcosa di strano.

Aspettai prima di farmi visitare, stupidamente.

Non credevo.

Non accettavo, ma qualcosa sapevo.

Mammografia con esito positivo. Bingo per me.
Nodulo al seno.

Dalle analisi emerse mi dissero che non c’era interessamento linfonodale. Mi ricordo la faccia del dottore quando gli chiesi quanto mi rimaneva da vivere.

Chiamarlo cancro faceva tanto schifo? Cosa pensano che cambiargli nome o dargli un altro aggettivo cambi la percezione di non essere malati?

La rabbia che avevo era tantissima.

Avevo visto altre persone con lo stesso male, le vedevo andarsene settimana dopo settimana.

Speravo di non essere l’ennesima vittima della signora con la falce.

Mi dispiaceva lasciare i pochi affetti che gelosamente e duramente tentai di proteggere e difendere.

Mi giravano le palle anche se la natura non me le aveva date.

Non volevo perdermi le albe, i tramonti, i Natali, il suono della pioggia ed il crepitio del fuoco nel camino.

Non potevo mollare, non sarebbe stato giusto, ma in quei momenti ero disperata.

I parenti come se non ci fossero, gli amici dileguati.

Eravamo rimasti solo io ed il mio male.

Ci volle pure una quadrectomia, disse il chirurgo.  “Dopo metteremo una protesi”

Il mio essere donna venne meno.

Mi sentivo a metà.

Come avrei fatto per sentirmi come prima?

Quale uomo mi avrebbe guardato con desiderio senza un seno?

Come avrei fatto al mare?

Dove sarebbe andata la mia femminilità?

Pensieri confusi non chiari. Stupida. Sola. Impaurita.

Poi tutto si tinse di nero. Non vedevo ne sentivo più nulla.

Di quei momenti mi restano strani frammenti, come un brutto sogno.

Volevo dimenticare, volevo non pensare, ma dentro l’armadio posta sulla testa di polistirolo c’è ancora la parrucca.

Sarò guarita o dovrò ancora confrontarmi con la bestia?

Non so cosa mi aspetta, ma spero sempre di essere pronta.

Faceva freddo, mi calai il berretto sulle tempie. Il sole lontano sbiadiva nella nebbia.

Guardai il cielo.

Rinfrancata da quei colori feci ritorno a casa

( Mia mamma)

Matteo Bio

 

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