Nostro desiderio sarebbe quello di sensibilizzare i ragazzi alla donazione di sangue, piastrine e midollo e trasmettere loro la bellezza della vita. Far capire loro che divertirsi non solo è bello, ma doveroso, non perdendo, però, mai di vista il rispetto per se stessi e per gli altri. Noi amavamo la vita già da prima ed oggi possiamo dire di amarla ancora di più sapendone assaporare tutti gli aspetti dalla quotidianità alle rinunce e privazioni che la leucemia ci ha costrette a fare.

Il nostro messaggio è quello di dire basta al divertimento effimero dato da alcool o droghe preferendo godere della vita con intelligenza, rispetto ed amore e gustando ogni momento che ci viene regalato nella sua unicità e irripetibilità.
Perdere la vita per un’incoscienza come guidare sotto l’effetto di alcoolici o stupefacenti, è una sciocchezza soprattutto se si pensa che al mondo molti ragazzi sono impegnati in lotte estenuanti contro malattie che a volte non danno tregua né speranza. Loro continuano a lottare a denti stretti: rispettiamoli non sprecando la salute che ci viene concessa né la possibilità che ci viene regalata di perseguire i propri progetti.
Lunedì 17 novembre 2008 abbiamo fatto la nostra prima esperienza di dialogo con i ragazzi di una scuola media superiore romana e la condivisione della nostra esperienza di lotta per la sopravvivenza li ha colpiti, interessati, emozionati. Molte sono state le domande che ci hanno posto volte, soprattutto, a capire come i ragazzi della loro età affrontano la battaglia per la vita costretti a rinunciare alla scuola, al divertimento, agli amici e trovandosi di colpo in un mondo forzatamente adulto.
Di particolare effetto è stata la lettura della lettera a Babbo Natale scritta lo scorso anno da un ragazzo di 16 anni ricoverato in reparto e riportata nel nostro libro.
In entrambe le classi visitate (una terza ed una quinta) la domanda che più ci ha colpite è stata volta a capire il rapporto umano che si crea tra malati e personale medico-infermieristico: i ragazzi erano curiosi di capire se si fa amicizia anche con loro e se loro piangono quando qualcuno di noi non ce la fa. Noi non sappiamo se piangono, ma siamo convinte che vista l’umanità dimostrata dal personale tutto (medici, infermieri, personale addetto al vitto o alle pulizie) alcuni rimangano sicuramente colpiti non solo dagli eventi più estremi, ma in generale dal vissuto dei propri pazienti.
Chiediamo a tutte le persone coinvolte di esprimere un proprio giudizio commentando l’articolo, per essere pronte a rispondere qualora la domanda ci venisse posta di nuovo.
Questo è solo l’inizio: speriamo di avere forza, tempo e possibilità di continuare…

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