Mi chiamo Tatiana, ho compiuto i miei primi 40 anni lo scorso luglio, sono una donna dinamica, sportiva,  appassionata di cucina, mentre vi scrivo sto combattendo contro una malattia della quale, fino a sei mesi fa, conoscevo solo il nome:  la leucemia.

La leucemia acuta promielocitica acuta della quale sono affetta, così viene definita in gergo medico, mi ha fatto visita inaspettatamente una mattina di aprile. Poche settimane prima mi sentivo particolarmente stanca ma, come spesso accade, pensavo fosse solo della debolezza dovuta all’arrivo della primavera.

L’inizio della malattia e di tutto ciò che ne è conseguito ha letteralmente stravolto le mie abitudini, il mio lavoro, la routine alla quale tutti noi siamo saldamente ancorati;  d’altra parte però, ha sicuramente rafforzato il mio carattere, il rapporto con mio marito e ha arricchito di esperienza, di valori e di calore umano la mia vita.  Anche se vi suonerà strano, credo di poter affermare che abbia cambiato, forse in meglio, la mia esistenza.

La mia esperienza ha avuto inizio con un ricovero urgente e abbastanza lungo presso il Centro Trapianti Midollo Osseo (CTMO) del Policlinico di Milano.

Con questa testimonianza vorrei infondervi le sensazioni che ho provato durante le settimane che ho trascorso nel mio “ acquario, si avete capito bene “ acquario”, perché è proprio così che ho chiamato la camera sterile nella quale ho trascorso  i primi 40 di degenza ospedaliera.

Inoltre , vorrei cercare di spiegarvi quanto sia importante e si possa fare per cercare di aiutare psicologicamente i pazienti a trascorrere meglio il loro tempo in questa struttura.

Posso affermare di aver trovato un ambiente accogliente, le camere comunque seppur piccole sono a loro modo colorate, gli infermieri e i dottori sensibili ed attenti, sempre pronti ad ascoltare e cercare di dare serenità agli ammalati… purtroppo però questo non basta.

Quando ti trovi all’interno di queste camere sterili, quello che più ti manca è il contatto fisico con le persone care, certo, la vetrata che da sul corridoio ti permette di averle vicine e presenti in qualsiasi momento della giornata, il telefono di sentire la loro voce, ma le ore da far passare sono lunghe e tante e le notti interminabili, dormire è a volte difficile per tanti motivi, il dolore, il fastidio dei fili delle flebo attaccati 24 ore al giorno, i pensieri che ti frullano in testa e soprattutto il battito del tuo cuore impaurito accompagnato da lunghi respiri per infonderti il coraggio di andare avanti.

Ed ecco che l’ora in cui è permesso ad una sola persona di entrare a trovarti nella camera, diventa il momento più bello ed importante di tutto il giorno. Personalmente sento di dover ringraziare di cuore le volontarie che un paio di volte alla settimana mi hanno fatto visita per scambiare due chiacchiere; suor Candida, che tutte le mattine faceva a gara con mio marito per chi arrivava prima a darmi il buongiorno; Don Piero, per i suoi preziosi consigli culinari perché, purtroppo, anche il mangiare è un grosso problema, quello che passa l’ospedale non è granché e un grande aiuto mi è arrivato dai miei cari che hanno cercato di accontentarmi fin dove possibile, portandomi qualcosa di gustoso da scaldare, come la pizza surgelata o un fresco gelato, insomma ogni cosa che potesse aggiungere un briciolo di allegria e regalarmi un momento di svago.

Ringrazio anche tutte le persone che mi sono state vicine grazie al mio computer, su skype o in facebook. Non potete neanche immaginare quanto mi sia stato di aiuto avere il loro supporto , la loro compagnia… spesso mi ha fatto dimenticare dove mi trovavo, quindi credo che sia importante mettere ogni paziente in condizione di avere questo strumento di comunicazione con l’esterno. Sicuramente quello che ho desiderato di più in quelle settimane, che ho domandato ma che non è stato possibile avere, è stato l’aiuto di un supporto psicologico, non fondamentale ai fini della malattia stessa , ma di grande importanza per il paziente che oltre a lottare contro la malattia, contro le medicine che lo distruggono, spesso si preoccupa anche delle persone care che stanno fuori con le quali a volte non sa più come rapportarsi. Infine, vorrei rivolgere un pensiero alla mia cara compagna di viaggio, sebbene un muro ci dividesse, abbiamo avuto modo di conoscerci e di darci un grande supporto reciproco. Non dimenticherò mai le nostre passeggiate sul “miglio verde”, il corto corridoio sul retro delle camere e  le rose che mio papà ci portava per porle sul davanzale delle nostre finestre, per offrirci un tocco di primavera.

Oggi dopo 6 mesi  di cure, sto meglio,  sono sulla buona strada …  nei prossimi giorni tornerò a lavorare e cercherò di riprendere possesso della mia vita di “prima”… ma non posso e  non voglio dimenticare quello che ho vissuto anche nei momenti più difficili… voglio che si trasformi nel mio contributo per  aiutare chi è costretto a “sopravvivere” in quel mondo surreale, ma necessario per tornare alla vita normale , che è la camera sterile. Tatiana

2 commenti

  1. Nelle tue parole traspare un senso di serenità molto bello. Hai vissuto esattamente le stesse cose che ho vissuto io seppur non avendo fatto il trapianto. Hai ragione non bisogna dimenticare anzi… qualsiasi contributo, sia di aiuto a tutte le persone che stanno combattendo in questo momento.
    Buon ritorno alla vita normale e ricorda sempre il nostro motto UNITI SI VINCE!!!!!

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