maxresdefaultAvv. Elisabetta Iannelli- Vice Presidente AIMAC e Segretario Generale FAVO. In Italia vivono due milioni di persone che hanno o hanno avuto il cancro e oltre la metà di loro continua a lavorare durante e dopo la scoperta della malattia. Il cancro non riguarda soltanto la persona malata ma anche i suoi familiari ed ha effetti dirompenti non solo sul piano psicofisico ma altresì in ambito sociale, lavorativo ed economico. La perdita del lavoro, per il ruolo che questo svolge nella vita di ognuno di noi, deve essere evitata, ed è di conseguenze importante sensibilizzare i datori di lavoro ad utilizzare gli strumenti legislativi idonei a fronteggiare le difficoltà organizzative e gestionali a livello aziendale inevitabilmente conseguenti all’insorgere della malattia neoplastica. Per le persone che si ammalano di tumore continuare o riprendere a lavorare è un’esigenza vitale. Ciò è stato anche recentemente dimostrato da un sondaggio AIMaC – Istituto Piepoli che ha rilevato che circa il 90% dei malati di cancro ritiene di fondamentale importanza lavorare non solo per ragioni economiche ma anche perché considera l’attività lavorativa una vera e propria terapia per sconfiggere il male, allontanare la depressione e sentirsi ancora vivi.

I pazienti oncologici devono sottoporsi a cure che non inficiano la possibilità di poter proseguire nelle attività lavorative, ma che spesso si protraggono nel tempo. Per questo la Legge Biagi, con l’art. 46 del d.lgs. n. 276/2003, ha modificato la disciplina sul part-time, introducendo per la prima volta nel nostro Paese il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale per i lavoratori malati di cancro.

Nel d.lgs. n. 61/2000, che disciplina il rapporto di lavoro a tempo parziale, infatti, è stato aggiunto l’art. 12-bis, che riconosce ai lavoratori del settore privato affetti da patologie oncologiche, che a seguito della malattia abbiano una ridotta capacità lavorativa, il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in tempo parziale.

Recentemente la l. n. 274 /2007 art. 44 ha esteso tale norma anche ai lavoratori pubblici portatori di patologie oncologiche.

Informare correttamente i malati e i datori di lavoro sul quadro normativo esistente è rilevante anche al fine di facilitare l’accesso dei lavoratori ammalati di cancro ai benefici previsti dalle leggi dello Stato per mantenere il posto di lavoro senza dover trascurare le terapie ed i follow-up necessari a curare la malattia.

Inoltre, è di grande importanza render noto ai familiari dei pazienti oncologici dell’esistenza di provvedimenti legislativi atti ad agevolarli nel momento in cui dovessero assentarsi dal lavoro per prendersi cura dei loro parenti malati.

La norma sul part-time dedicata ai lavoratori dipendenti malati di tumore ed ai loro familiari contenuta nel decreto di attuazione della ‘legge Biagi’ e la legge n. 80 del 2006 che ha abbattuto i lunghissimi tempi di attesa necessari all’ottenimento dell’accertamento dell’invalidità e il conseguente sostegno economico, riducendoli a soli 15 giorni sono state ottenute grazie l’attività di lobbying di FAVO ed AIMaC, impegnate da anni sul fronte della tutela dei diritti dei malati oncologici.

Tutela giuridica del malato lavoratore

http://www.oncoguida.it/html/tutela_giuridica.asp

httpsv://youtu.be/nzeYYStnC34

2 commenti

  1. Fa la chemio, l’Inps bussa per la visita fiscale lei non risponde. Chiara Dossi si ribella e vince: Trento cambia il protocollo
    Chiara ha vinto la sua battaglia. Per se stessa e probabilmente per tutti quelli come lei che sono malati gravi e che per questo sono costretti a casa. Da oggi a Trento i malati gravi certificati non riceveranno più fisite fiscali domiciliari. La vicenda di Chiara Dossi è piuttosto nota. La donna, una sociologa di Arco in provincia di Trento, ha un tumore, un linfoma di Hodgkin diagnosticato a febbraio, e per questo si sottopone a cicli di chemio e radioterapia che la debilitano e non le permettono di lavorare. Sta a casa, naturalmente.

    Un giorno riceve una lettera dell’Inps nella quale le intimano di presentarsi all’ufficio centrale di Trento. Il motivo? Quando i medici dell’Ente hanno bussato alla sua porta nessuno ha aperto. Chiara risponde con un indignatissimo post su Facebook che diventa immediatamente un caso.
    “Ditemi voi come mi posso sentire oggi, dopo aver passato tutta la giornata chiusa in casa (gironzolando allegramente tra la tazza del cesso e il letto)quando, alle 18.30 dopo essermi concessa il lusso di uscire una mezz’oretta per andarmi a sedere su una panchina al parco, trovo una notifica dell’INPS, datata 29 maggio (ieri) che mi comunica che alle 18.50 risultatavo assente ad una visita fiscale. Inps che mi invita a presentarmi Lunedì a Trento in via Brennero, 7 con tutta la documentazione comprovante la mia malattia.
    ORA
    Io ieri dalle 18.50 ero IN CASA E IL MIO CAMPANELLO NON HA SUONATO oppure io non l’ho sentito. Dite che non l’abbia sentito perché ho fatto una chemio due giorni prima e di solito i due/tre giorni successivi li passo abbracciando la tazza del cesso o, in alternativa, il cusino?”
    Arrabbiatissima Chiara ribadisce:

    “E poi mi chiedo ma con che coraggio, con che coscienza, si fanno controlli di questo tipo? Ma anche fossi uscita, fossi andata alle 18.50 sulla panchina del parco come ho fatto (a fatica) oggi… MA COSA GLIENE FREGA ALL’INPS. SONO COMUNQUE MALATA. STO COMUNQUE MALE. HO COMUNQUE UN TUMORE NON UN RAFFREDDODRE!!!! MA DAVVERO L’INPS MI IMPONE DI STARMENE CHIUSA IN CASA PER UN ANNO? (dove non ho nemmeno un balcone?) PERCHE’ I MIEI MEDICI MI HANNO DETTO DI FARE L’ESATTO CONTARIO. ME L’HA DETTO L’EMATOLOGO. L’INTERISTA. IL RIANIMATORE. TUTTI CONCORDI NEL DIRMI DI MUOVERMI, APPENA POSSO, DI STARE ALL’ARIA, DI CAMMINARE, SE NE HO LE FORZE, DI STARE AL SOLE, DI EVITARE I POSTI CHIUSI…”
    Inizia così la lunga battaglia di Chiara che ha un lieto fine. Perché l’Inps non solo alla fine ha accolto le sue ragioni ma avviato anche un protocollo con il suo nome che prevede uno stop alle visite fiscali per i malati gravi. Per ora in Trentino il protocollo evita i controlli medici domiciliari ai pazienti con malattie gravi documentate (come i malati oncologici) e il cui stato avanzato della malattia o le terapie impediscono loro di lavorare. Il cosiddetto “protocollo Chiara” presto però potrebbe diventare anche una legge nazionale, perché la sua storia è arrivata fino a Roma al Parlamento nazionale ed è in preparazione un decreto legge.
    Redazione, L’Huffington Post
    Pubblicato: 06/07/2015 15:11 CEST

  2. Un po’ di umanità!!!! Chi assiste i familiari e ‘molto discriminato anche se ha la 104…. Mobbing e altro solo perché si è deciso di assistere un familiare? Purtroppo stiamo assistendo ad un’INVOLUZIONE della società e tutti siamo complici….

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