Federica Maceratesi 2015-07-17 06.57.23Quando sei un’adolescente e ti dicono che tua madre ha un tumore, non comprendi subito ciò che sta accadendo, un po’perché ti proteggono filtrando le notizie, un po’perché le statistiche sono solo numeri a cui non badare, un po’ perché pensi che la vita ruoti attorno a te.
Della prima malattia di mamma ricordo poco: un’operazione spacciata per “niente di importante”, poi quella grande e infine qualche ciclo di chemio. Tutto ok… fino alla recidiva.

Questo percorso è stato molto più difficile del primo: operazioni, paralisi, fisioterapia, ancora interventi chirurgici, radio e chemio. Ho imparato a fare l’infermierina ben presto, perché quando i dolori arrivano forti e sei sola a casa, non puoi non prendere coraggio per fare un’iniezione. A casa potevo aiutare, ma fuori no: non avevo diciotto anni, non potevo accompagnarla con la macchina a fare le varie terapie, nè donarle il mio sangue prima dei vari interventi. La sua malattia è stata una scoperta ogni giorno: ho scoperto mia madre, la sua forza, il suo amore, e ho scoperto la solidarietà.

Abbiamo infatti avuto la fortuna di essere assistiti da professionisti volontari, che venivano a casa non solo per una prestazione sanitaria, ma anche per regalarci un sorriso, un conforto… Sapere che il neurologo di mia madre era anche un clown-dottore mi ha fatto riflettere sull’importanza dei piccoli gesti, mentre mai potrò dimenticare la prontezza dell’infermiere nell’assisterci quando una notte di quasi dieci anni fa Mamma volava in cielo.
Voi vi starete forse chiedendo cosa c’entri tutto questo con la donazione… Be’, potessi tornare indietro, farei qualsiasi cosa per aiutare mia Mamma, ma visto che ora non si può più, perché non aiutare qualcun’altro?

Dico sempre che una vescica non è diversa da una vertebra o un cuore o un polmone o un midollo… Ogni malato è uguale! Noi “sani” abbiamo la possibilità di aiutarli nel loro percorso, possiamo provare a spingerli verso la guarigione e allora perché non farlo? La prima cosa che ho fatto compiuti i 18 anni è stata tipizzarmi, poi ho iniziato a donare il sangue e da poco sono nel registro dei donatori di organi.

Ogni volta che dono le piastrine mi emoziono: sento rivivere mia madre, sento che non è troppo tardi, perché lì fuori è pieno di mamme, di figli, di fratelli che aspettano la loro possibilità, anzi, che combattono per averla e noi non possiamo nasconderci dietro egoismo e indifferenza, non possiamo non fare qualcosa. Forse solo dopo aver donato la prima volta, dopo aver sentito un “Grazie” sincero da parte del personale del centro trasfusionale ho capito che veramente ogni goccia di sangue è una speranza.

E io ho scelto di essere Speranza.

Federica Maceratesi

Dopo la prima aferesi scrissi questo, che condivido volentieri con voi:

Confesso di essermi emozionata oggi. Da quando ha vinto lui, mi ero ripromessa di aiutare come potevo, donando sangue, midollo, emocompon
enti. avevo fatto tutto tranne l’aferesi, perché le vene del braccio sinistro non piacevano… fino ad oggi.
Ero sulla poltrona con entrambe le braccia bucate e mi sei venuta in mente tu e quella tua lettera scritta al primo ricovero. Parlavi del tempo che vi lasciavano per stare da sole, a riflettere su quello che stava succedendo, iniziando… ho guardato l’infermiera e le ho chiesto a chi sarebbero andate le mie piastrine. Ha risposto: “a un malato oncologico” e li ho capito che non desideravo essere in nessun altro posto stamattina.
Ho provato a pensare a tutte le volte che ti mettevano un ago, a ciò che pensavi… ma l’unica cosa che mi veniva in mente è che è così semplice essere dall’altra parte, che è una vera fortuna poter donare e non dover ricevere. Ho immaginato le mie piastrine tenersi per mano come nel cartone animato e fare muro per sostenere “un malato oncologico”. Ho sognato che lo stesso avrebbe trovato il suo supereroe, compatibile, e presto avrebbe risolto tutti i suoi problemi.
Ho chiamato la dottoressa per chiederle se era normale aver freddo alle mani e lei le ha prese e me le ha scaldate. mi ha fatto compagnia un po’. Ha 39 anni e sta per finire la specializzazione, nonostante un po’ di incidenti di percorso. E’ stata dolce: si preoccupava che stessi perdendo una mattinata. Alla fine mi ha ringraziata.
Sono scappata per mille altri impegni, ma adesso che finalmente sono ferma e posso mettere ordine ai miei pensieri, credo di aver trascorso 45 magici minuti oggi. Quello che non ho potuto fare per te perché ero piccola, fa’ che oggi serva a qualcuno. Tu puoi trasformarmi in supereroe.

‘Notte, Mamma.”

3 commenti

  1. Nessuna parola può essere più esplicita della testimonianza di chi, come Federica, ha vissuto la malattia personalmente o tramite i propri cari, per far capire l’importanza della donazione di emocomponenti, in particolare dell’aferesi per le piastrine, che se prelevate da un unico donatore risultano molto più compatibili e con meno effetti collaterali per il ricevente.
    Un abbraccio
    LauraDP

  2. che bell’esempio di amore materno e figliare, che bell’esempio di gioventù speciale, che bell’esempio che regali a tutti noi. Meriteresti uno spot in TV, forse se qualcuno prendesse esempio da questa gioventù…..
    GRAZIE per aver condiviso LA VITA E LA SPERANZA.

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